Ananke è stato presentato al Festival Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro nella sezione Esordi Italiani e nello Spazio Italia curato dalla Cappella Underground al Trieste Science+Fiction Festival ed è reduce dalla vittoria della rassegna Dove va il cinema italiano? ad Assisi.
Il regista, Claudio Romano, ha 33 anni e ha lavorato al di fuori dalle consuete dinamiche produttive, tanto da tenere in cantiere il progetto per cinque anni, arrivando a indebitarsi per fare il film, fino a quando non ha trovato in Gianluca Arcopinto il produttore che ha permesso la realizzazione di un’opera costata poco, ma con tante idee, un racconto di fantascienza apocalittica che richiama i grandi maestri del passato.
Nella mitologia greca Ananke è la dea che rappresenta la personificazione o potenza del destino. Un destino che nel film sembra ineluttabile perché l’umanità si sta estinguendo a causa di una terribile pandemia, una nuova forma di depressione virale che porta al suicidio. I due protagonisti della storia scelgono di fuggire ed evitare ogni contatto umano nel tentativo di non contrarre il virus. Si adattano a uno stile di vita “primitivo”, privo di nevrosi metropolitane e contaminazioni tecnologiche. Unica loro compagnia è la capra di nome Ananke. Soli, ignari e in balìa degli eventi, faranno i conti con l’ineluttabile. La natura veglia su di loro, osservandoli dall’alto.
Girato in bianco e nero in due settimane sulle montagne dell’Abruzzo, Ananke mette in scena solo due personaggi, interpretati da Solidea Ruggiero e Marco Casolino, entrambi alla loro prima esperienza recitativa. Claudio Romano, regista e sceneggiatore, assieme a Elisabetta L’Innocente, ha scelto di farli parlare in francese con accento italiano per accrescere il senso d’alienazione e alterità del mondo da lui creato, oltre che per il “bel suono” della lingua. Uno stile contemplativo che pedina costantemente i personaggi, mantenendosi con discrezione a distanza e riprendendoli sempre di spalle.
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